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Pmi. Il licenziamento del dirigente nell’ambito della legislazione emergenziale covid19.

16 Lug, 2020

Il licenziamento del dirigente nell’ambito della legislazione emergenziale covid19.  Piccole e medie imprese.

Legislazione emergenziale coronavirus e sospensione dei licenziamenti

In base alle previsioni del decreto Cura Italia 18/2020, convertito con legge 27/2020, articolo 46, è stata introdotta, come noto, la sospensione dei licenziamenti, individuali e collettivi, dal 17 febbraio 2020 al 17 agosto 2020, salvo proroghe di cui già si vocifera.

Il provvedimento di sospensione non si applica per il licenziamento individuale dei dirigenti che, notoriamente, nell’ambito di realtà imprenditoriali di ridotte dimensioni, per fatturato e numero di addetti, attuano una funzione sostitutiva e di supporto aziendale all’imprenditore  datore di lavoro, che segue le vicende economiche e organizzative dell’azienda in qualità di amministratore.

Il dirigente, dal canto suo, nell’ambito delle sue prerogative, esercita il suo potere organizzativo, direttivo, nell’ambito delle deleghe ricevute e per le funzioni specifiche che le completano, sulla base di direttive generiche e di risultato per l’attuazione delle proprie attività, ad esempio, quale direttore generale, direttore commerciale, direttore amministrativo e via dicendo.

L’impatto della crisi economica e finanziaria generata dall’emergenza coronavirus, con l’arresto delle attività produttive e con impatto significativo sulle attività di servizi, pone un serio problema di riequilibrio del rapporto tra costi e ricavi che, nelle piccole e medie aziende, può impattare sui costi del personale, dei quali quelli dei dirigenti rappresentano una componente determinante.

Il licenziamento del dirigente

Il licenziamento del dirigente è soggetto a una disciplina legale ad hoc, che prescinde e si differenzia nettamente da quella per il restante personale (quadri, impiegati, operai), la quale, oltre ad essere sospesa se riferita a motivazioni oggettive e, soprattutto, economiche, è prevista nell’art. 3, legge 604/1966, e successive modifiche, imperniata, per quello che qui interessa, sulla nozione di giustificato motivo oggettivo (Gmo).

Attesa l’impossibilità di riconduzione della causale di licenziamento in parola al personale dirigente, deve concludersi che il licenziamento individuale (non collettivo) di questi collaboratori dell’imprenditore è sempre possibile nel rispetto delle norme di legge (artt. 2118 e 2119 c.c.) e delle previsioni dei Ccnl applicato al rapporto, per una accertata causale di giustificatezza.

Dirigenti, licenziamento e nozione di giustificatezza

La giustificatezza è una categoria contrattuale collettiva  del rapporto di lavoro dirigenziale. In questo senso, mentre, ad esempio, la giusta causa consiste in un fatto che, in concreto valutato, e, cioè, sia in relazione alla sua oggettività, sia con riferimento alle sue connotazioni soggettive, determina una grave lesione dell’elemento fiduciario, con la conseguenza di permettere una risoluzione immediata del rapporto (c.d. licenziamento in tronco), la ricorrenza della giustificatezza dell’atto risolutivo – ancor più strettamente vincolata al carattere fiduciario del rapporto dirigenziale è da correlare alla presenza di valide ragioni di cessazione del rapporto, come tali valutabili  sotto il profilo della correttezza e della buona fede. In questi termini, ingiustificato (ai sensi del Ccnl applicabile) è il licenziamento per ragioni meramente pretestuose, al limite della discriminazione, ovvero anche del tutto irrispettoso delle regole procedimentali che assicurano la correttezza dell’esercizio del diritto relativo da parte dell’Imprenditore.

Licenziamento del dirigente per ragioni oggettive, il sensibile calo delle tutele

Volendo schematizzare i termini degli orientamenti più recenti della S.C., che sembrano proprio avallare la configurazione di una attenuazione delle tutele del dirigente, in fattispecie variamente riconducibili a quella del licenziamento per situazioni di riorganizzazione e/o ristrutturazione, può dunque rilevarsi quanto segue:

  • il mantenimento delle mansioni/funzioni già svolte dal dirigente licenziato (eventualmente assorbite dall’amministratore), ma ad un costo inferiore, è manifestazione di una possibile e legittima scelta imprenditoriale, tale da escludere, in via di principio, la pretestuosità del licenziamento;
  • le esigenze di riassetto organizzativo, finalizzato ad una più economica gestione dell’azienda, rendono non configurabile, sempre in via di principio, una valutazione di ingiustificatezza del licenziamento;
  • solo l’intento – unico e manifesto – di liberarsi della persona del dirigente, avulso da ogni considerazione di meritevolezza in ordine alla riconduzione della decisione aziendale ad una libera scelta imprenditoriale, può determinare un conseguente giudizio di ingiustificatezza;
  • la scelta imprenditoriale può risolversi anche in una riorganizzazione delle risorse umane finalizzata a garantire una gestione non in perdita dell’azienda.

 Licenziamento in assenza di giustificatezza

I contratti collettivi del comparto dirigenziale privato, attesa l’esclusione del dirigente dalla tutela indennitaria e – eventualmente (in casi limite) reintegratoria – prevista per il restante personale, hanno strutturato una tutela contrattuale/convenzionale, che a fronte di una accertata ingiustificatezza del licenziamento, prevede l’erogazione a carico dell’azienda ed a favore del dirigente, di una indennità supplementare in aggiunta alle competenze di fine rapporto (avente funzione dissuasiva di penale) che, a seconda dei settori e dei contratti, dell’anzianità di servizio, dell’età del dirigente e delle circostanze del caso concreto, oscilla, nell’ambito del panorama di alcune decine di contratti collettivi dirigenziali, da un minimo di 6-7 mensilità di preavviso fino ad un limite massimo che può superare anche le 24 mensilità di preavviso. Il Giudice, chiamato a decidere, deve limitarsi, previa analisi del caso concreto, ad applicare questi parametri contrattuali ai quali è vincolato in quanto determinati da libere scelte della contrattazione collettiva.

 

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