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L’Italia che esporta: storie di PMI sui mercati globali

19 Ago, 2025

Export: un pilastro per la crescita delle PMI

Per molte piccole e medie imprese italiane, l’export non è solo una possibilità, ma una necessità per sopravvivere e crescere. Nel 2024 le esportazioni italiane hanno superato i 650 miliardi di euro, con la Lombardia in testa grazie a settori come meccanica, agroalimentare e moda. Le PMI che riescono a penetrare i mercati internazionali registrano in media un incremento del fatturato del 20% nei primi due anni, secondo i dati ICE. Tuttavia, vendere all’estero richiede competenze specifiche: conoscenza delle normative doganali, gestione della logistica internazionale, strategie di marketing multiculturale. Senza un piano solido, il rischio è di investire tempo e risorse senza ritorno.

Storie di successo: dalla provincia ai mercati mondiali

Molte aziende lombarde dimostrano che l’export è possibile anche partendo da realtà locali. Una PMI metalmeccanica di Lecco ha iniziato fornendo componenti per macchinari a un distributore tedesco: oggi esporta in 14 Paesi e realizza il 70% del fatturato all’estero. Nel settore agroalimentare, un caseificio cremonese ha conquistato il mercato giapponese puntando su formaggi DOP e storytelling legato alla tradizione. Questi casi confermano che l’internazionalizzazione non è riservata alle grandi aziende, ma richiede strategia e capacità di adattamento alle esigenze locali.

I mercati più promettenti per le PMI

Oltre all’Europa, che resta il principale sbocco, emergono opportunità in Nord America, Asia e Medio Oriente. Il mercato statunitense è attratto dal Made in Italy per qualità e design, mentre in Asia la classe media in crescita cerca prodotti alimentari e moda di fascia alta. Secondo SACE, l’export italiano verso i Paesi ASEAN potrebbe crescere del 5,5% annuo fino al 2027. Tuttavia, ogni mercato ha regole, gusti e canali distributivi diversi: ciò che funziona in Francia può non avere successo in Corea del Sud senza un adattamento mirato del prodotto e della comunicazione.

Ostacoli e rischi dell’internazionalizzazione

Espandersi all’estero non è privo di sfide: burocrazia, barriere linguistiche, differenze culturali e rischio di insoluti possono mettere a dura prova le PMI. Un’azienda di arredamento di Monza, entrata in Russia senza adeguata tutela contrattuale, ha subito un danno economico rilevante per mancati pagamenti. Pianificare in anticipo e affidarsi a professionisti esperti in contrattualistica internazionale è fondamentale per evitare problemi. Inoltre, la logistica internazionale richiede partner affidabili e capacità di gestire i costi di trasporto, in particolare in tempi di instabilità geopolitica.

Strumenti e incentivi per l’export

Le PMI possono accedere a bandi e finanziamenti dedicati, come quelli messi a disposizione da SIMEST e SACE, per supportare l’internazionalizzazione. Questi fondi possono coprire spese per fiere internazionali, consulenze, traduzioni e attività promozionali. Una rete di aziende tessili della Brianza ha utilizzato fondi pubblici per partecipare collettivamente a fiere in Canada e USA, ottenendo contatti commerciali di alto livello. La partecipazione a missioni commerciali organizzate da enti come le Camere di Commercio italiane all’estero può accelerare l’ingresso in nuovi mercati.

Il ruolo delle reti e delle piattaforme digitali

Oggi, il digitale ha abbattuto molte barriere di accesso ai mercati esteri. Piattaforme B2B, marketplace specializzati e social network professionali come LinkedIn permettono di individuare partner e clienti a livello globale. Alcune PMI lombarde hanno iniziato a vendere in Asia senza aprire sedi locali, grazie a e-commerce multilingua e campagne mirate. La combinazione di strumenti online e presenza fisica nei mercati chiave aumenta le possibilità di successo e riduce i rischi.

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