I numeri che non raccontano tutto
Ogni mese vengono pubblicati dati ufficiali sull’occupazione, ma spesso le percentuali non riflettono la complessità del mercato del lavoro. L’ISTAT, ad esempio, calcola il tasso di occupazione considerando chi ha svolto anche una sola ora di lavoro nella settimana di riferimento, il che può dare un’idea distorta della stabilità lavorativa. Nel 2024 il tasso di occupazione italiano si attestava al 61,5%, ma la quota di contratti stabili era significativamente più bassa. In Lombardia, regione con il più alto tasso di occupazione, una parte consistente dei lavoratori è comunque impiegata in forme contrattuali temporanee o part-time involontario.
La differenza tra lavoro e lavoro di qualità
Avere un’occupazione non significa necessariamente avere stabilità e prospettive di crescita. Secondo il rapporto “Quality of Employment in Europe” 2024, il 23% dei lavoratori lombardi ha un impiego precario o a tempo determinato, con retribuzioni inferiori alla media. Nei settori come turismo e ristorazione, la stagionalità è ancora dominante. Un cuoco di un ristorante sul Lago di Garda, ad esempio, lavora otto mesi all’anno e poi resta senza contratto per il resto del periodo, pur risultando statisticamente “occupato” nei mesi di attività.
Disallineamento tra domanda e offerta di competenze
Molte imprese lamentano difficoltà nel trovare personale qualificato, mentre allo stesso tempo la disoccupazione giovanile resta alta. Unioncamere stima che nel 2024 il 44% delle posizioni ricercate in Lombardia fosse di difficile reperimento, soprattutto in settori tecnici e digitali. Un’azienda di automazione industriale di Bergamo ha impiegato oltre 9 mesi per trovare un programmatore PLC, rallentando lo sviluppo di un progetto internazionale. Questo mismatch penalizza sia le imprese, che non riescono a crescere, sia i lavoratori, che non trovano impieghi adeguati al proprio profilo.
Il ruolo della formazione continua
La formazione è la chiave per ridurre il divario tra competenze richieste e disponibili. Programmi di upskilling e reskilling permettono di riqualificare lavoratori in settori ad alta domanda. Un consorzio di aziende meccaniche di Brescia ha formato 120 lavoratori disoccupati in tecniche di saldatura specializzata, ottenendo il 95% di assunzioni entro 3 mesi. Le imprese che investono nella formazione dei propri dipendenti riducono il turnover e migliorano la produttività, creando occupazione più stabile e di qualità.
Nuove forme di lavoro e sfide future
Il lavoro agile, la gig economy e le piattaforme digitali stanno ridefinendo le modalità di impiego. Se da un lato offrono flessibilità, dall’altro sollevano questioni su diritti, tutele e sicurezza economica. Un grafico freelance di Milano lavora per clienti internazionali, ma senza contributi previdenziali stabili o garanzie di continuità. Le politiche del lavoro nei prossimi anni dovranno bilanciare flessibilità e protezione, per evitare di creare una generazione di lavoratori sempre “occupati” ma mai sicuri.
L’importanza di leggere oltre i dati
Le statistiche sono utili, ma vanno interpretate nel contesto. Per le imprese, capire la reale disponibilità e qualità della forza lavoro è fondamentale per pianificare assunzioni e investimenti. Per i lavoratori, sapere dove si concentrano le opportunità di qualità può fare la differenza nella carriera. Strumenti di analisi mirata possono offrire una visione più chiara rispetto ai dati aggregati.
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