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PMI italiane: resistere non basta più, è tempo di rivoluzione digitale

7 Set, 2025

Il mito della resilienza: quando resistere diventa una condanna

Negli ultimi vent’anni il lessico economico italiano ha consacrato le PMI come “resilienti”: capaci di sopravvivere a crisi globali, pandemie, instabilità politiche e un fisco tra i più esigenti d’Europa. Ma la resilienza, se resta fine a sé stessa, si trasforma in immobilismo. Resistere significa stringere i denti, ma non necessariamente crescere. L’Italia ha il 92% di imprese con meno di 10 addetti (Istat, 2024), un tessuto che regge grazie alla caparbietà dei suoi imprenditori, ma che rischia di restare schiacciato da un modello di sviluppo pensato per i giganti industriali del Novecento. In un contesto globale che corre, restare fermi equivale a retrocedere.

Il paradosso del fiscal drag: salari in crescita, potere d’acquisto in calo

Il nostro sondaggio ha fotografato con chiarezza una delle ferite più sentite dal mondo delle imprese: il fiscal drag. Il 21% degli imprenditori lo ha indicato come priorità assoluta da affrontare nei prossimi due anni. I dati lo confermano: secondo l’OCSE, l’Italia è tra i Paesi con la pressione fiscale più alta d’Europa (42,9% nel 2023, contro il 39,5% della media UE). I salari nominali crescono, ma il cuneo fiscale e contributivo ne erode gli effetti reali, lasciando in tasca ai lavoratori meno risorse e riducendo la capacità di spesa interna. È come correre con un macigno sulle spalle: si produce di più, ma la ricchezza si disperde lungo la strada.

Digitalizzazione e AI: il salto del 30% che non possiamo ignorare

Il dato più sorprendente del nostro sondaggio è la risposta più votata: il 39% degli imprenditori indica nella digitalizzazione e nell’intelligenza artificiale la vera priorità. Lo conferma lo Start Up & PMI Report 2024: le aziende che hanno investito in trasformazione digitale e AI hanno registrato in media un aumento della produttività del 30% in soli due anni. Questo non significa solo macchine più veloci o processi automatizzati: significa poter analizzare i dati per prevedere i trend di mercato, migliorare la relazione con i clienti, ridurre gli sprechi e aprire nuovi canali di vendita. Non è “magia”, è metodo. Chi resta fuori da questa rivoluzione, semplicemente, si autoesclude dal futuro.

Reti tra imprese: dal “piccolo è bello” alla comunità competitiva

Il 31% dei votanti ha scelto un’altra leva cruciale: fare rete. È un tema centrale per il modello italiano. Per decenni il “piccolo è bello” ha funzionato: distretti artigiani, filiere locali, relazioni personali. Ma oggi l’isolamento non è più sostenibile. La competizione è globale, i costi energetici e logistici non possono essere affrontati singolarmente, le nuove tecnologie richiedono investimenti che nessuna microimpresa può sostenere da sola. La forza delle PMI italiane sta nel trasformarsi in comunità competitive, capaci di unire risorse, condividere competenze e presentarsi sui mercati come sistema, non come singoli attori dispersi.

Politica e rappresentanza: la voce che ancora manca

Solo il 10% degli imprenditori ha indicato come priorità “più voce in politica”. Eppure, questo dato merita una riflessione. Se le PMI rappresentano oltre il 70% del valore aggiunto nazionale (Eurostat, 2024), perché pesano così poco nelle decisioni strategiche del Paese? La frammentazione rappresentativa è uno dei nodi storici. Troppi sindacati, troppe associazioni, spesso in competizione tra loro, hanno indebolito il fronte comune. Il risultato è che il dibattito pubblico continua a ruotare intorno alle grandi aziende, mentre la spina dorsale dell’Italia resta invisibile. Dare voce alle PMI non è un atto di rivendicazione, ma una condizione necessaria per riequilibrare la bilancia sociale ed economica.

Resilienza o rivoluzione? Lo spartiacque del biennio 2025–2026

I prossimi due anni saranno decisivi. La resilienza, da sola, non basterà più. Le scelte strategiche che le PMI compiranno in materia di digitalizzazione, collaborazione e rappresentanza determineranno chi resterà competitivo e chi invece scivolerà ai margini. Il biennio 2025–2026 segna uno spartiacque: non si tratta più di resistere, ma di trasformarsi. La tecnologia non è un costo, ma un moltiplicatore di valore. La rete non è un vincolo, ma una protezione collettiva. La politica non è un palcoscenico lontano, ma un luogo in cui le imprese devono pretendere spazio. La domanda che dobbiamo porci non è “se” cambiare, ma “quanto in fretta” riusciremo a farlo.

Conflombardia: la rete che trasforma la resilienza in forza collettiva

In questo scenario, Conflombardia PMI rappresenta l’alternativa concreta. Non un’altra associazione che chiede di resistere, ma un sistema che costruisce strumenti: dal digitale al credito, dalle consulenze legali alla formazione, fino alla Web TV e ai portali di rete tra imprese. Qui non si parla di slogan, ma di soluzioni: CRM gratuiti, vCard digitali, marketplace dei servizi, tavoli di lavoro per incidere sulla politica economica. La rivoluzione digitale e sociale delle PMI non si fa da soli, si fa insieme. Perché la vera resilienza è diventare comunità.

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