Una frattura nel cuore della contrattazione
Il mondo del lavoro italiano non è solo fatto di CCNL confederali, firmati da CGIL, CISL, UIL e dalle associazioni datoriali storiche: esiste una galassia parallela di contratti “non confederali” che negli ultimi anni hanno trovato terreno fertile in settori strategici come vigilanza privata, servizi fiduciari e ICT. Secondo i dati CNEL, al 2024 risultano censiti oltre 1.000 contratti, ma appena un terzo ha una reale applicazione. Quelli “non confederali” sono spesso utilizzati per abbassare i costi del lavoro, creando situazioni di dumping salariale. Non è un caso che la Cassazione 19467/2025 abbia ribadito che solo i contratti rappresentativi possono determinare il minimo contributivo. In questo quadro, vigilanza e ICT emergono come i terreni più fragili: da un lato settori ad alta intensità di manodopera, dall’altro comparti digitali dove la rapidità di crescita ha reso terreno fertile per accordi paralleli.
Vigilanza privata e servizi fiduciari: l’anello debole
Il settore della vigilanza privata e dei servizi fiduciari è forse l’esempio più emblematico. Da anni esistono contratti paralleli, spesso firmati da sigle poco rappresentative, che fissano minimi tabellari ben al di sotto dei valori previsti dal CCNL Vigilanza/Servizi Fiduciari sottoscritto dalle organizzazioni maggiori. L’obiettivo è chiaro: tagliare i costi e competere al ribasso negli appalti, soprattutto pubblici. Ma con il minimale INPS 2025 fissato a 57,32 €/giorno, questi accordi perdono ogni efficacia: anche se formalmente applicati, non possono ridurre i contributi dovuti. Il risultato è un settore esposto a un’ondata di contenziosi. Già in passato, due grandi player nazionali sono stati commissariati dai tribunali per pratiche scorrette: oggi, con la nuova cornice giurisprudenziale, l’intero comparto è sotto osservazione. Le imprese che continueranno a utilizzare contratti “non confederali” rischiano sanzioni, esclusione dagli appalti e danni reputazionali irreparabili.
ICT: il paradosso dell’innovazione al ribasso
Se la vigilanza è un settore tradizionale, l’ICT rappresenta invece il cuore dell’economia del futuro. Eppure, proprio qui proliferano contratti non confederali che propongono minimi retributivi più bassi rispetto ai CCNL di riferimento (Metalmeccanici, Commercio, Terziario). Start-up e piccole imprese digitali, spesso a corto di liquidità, hanno visto nei contratti “alternativi” un modo per contenere i costi e assumere personale qualificato a cifre più basse. Il paradosso è evidente: in un comparto che dovrebbe trainare innovazione e competitività, si utilizzano strumenti che abbassano la qualità del lavoro e rischiano di generare pensioni da fame. Con la Cassazione 19467/2025, questa scorciatoia è diventata insostenibile. I contributi non possono scendere sotto i valori fissati dall’INPS, e la reputazione delle aziende ICT sarà sempre più legata alla loro capacità di offrire condizioni di lavoro corrette e trasparenti.
I dati che smascherano la giungla
Un’analisi di ADAPT e un’inchiesta de Il Sole 24 Ore hanno mostrato che nel settore ICT sono operativi almeno una ventina di contratti paralleli, con differenze retributive che arrivano al 20-30% rispetto ai CCNL leader. Nella vigilanza, invece, oltre al CCNL confederale, coesistono più di dieci contratti di nicchia, spesso applicati a poche centinaia di lavoratori. Secondo le stime, almeno 100.000 addetti in Italia oggi lavorano con contratti “non confederali” che li collocano sotto i minimi legali. È un numero che pesa soprattutto perché riguarda comparti strategici: sicurezza dei territori e transizione digitale. Il rischio non è solo individuale ma collettivo: pensioni ridotte, evasione contributiva e perdita di competitività per un intero sistema. In un momento in cui l’Italia cerca di attrarre investimenti e consolidare la fiducia internazionale, questo mosaico di contratti deboli rischia di diventare un tallone d’Achille.
l ruolo della giurisprudenza: lo “scudo” dei minimi
La Cassazione, con l’ordinanza 19467/2025, ha posto un argine netto: i minimi contributivi e retributivi fissati dai CCNL rappresentativi non possono essere derogati in pejus da accordi di prossimità o da contratti paralleli. Questo principio assume un significato particolare in settori come vigilanza e ICT, dove la tentazione del dumping è più forte. La sentenza diventa uno scudo legale per i lavoratori, che possono agire per ottenere riallineamenti, e per le imprese virtuose, che non rischiano di essere penalizzate dalla concorrenza sleale. Le ispezioni, d’ora in avanti, avranno un riferimento chiaro: 57,32 €/giorno. Tutto ciò che sta sotto, anche se formalmente “contrattato”, sarà considerato illegittimo. È un cambio di paradigma che ridisegna il campo da gioco e che costringerà molte aziende ad abbandonare le vecchie scorciatoie.
Scenari futuri: chi si salva e chi no
Il futuro è già scritto: le aziende che continueranno a utilizzare contratti non confederali saranno progressivamente isolate. Gli appalti pubblici, sempre più vincolati a criteri di sostenibilità e rispetto delle regole, penalizzeranno chi applica contratti deboli. Nel settore ICT, i grandi committenti internazionali — dalle multinazionali tecnologiche ai fondi di investimento — richiedono già oggi trasparenza contrattuale come condizione per avviare partnership. Nella vigilanza, la sicurezza sarà sempre più legata a standard qualitativi certificati, e un’impresa che paga sotto-soglia non potrà più presentarsi come interlocutore credibile. Al contrario, le PMI che sceglieranno di riallinearsi ai contratti rappresentativi potranno trasformare la compliance in un vantaggio competitivo, diventando fornitori preferenziali e conquistando quote di mercato. La vera sfida sarà accompagnare questa transizione senza distruggere posti di lavoro, ma anzi valorizzandoli.
La sfida di CONFLOMBARDIA
In questo scenario, CONFLOMBARDIA si propone come il punto di riferimento per PMI e grandi aziende che vogliono affrontare la transizione contrattuale senza traumi. Con l’Audit Minimi & CCNL offriamo strumenti concreti: controllo delle buste paga, verifica UNIEMENS, analisi dei contratti applicati, calcolo delle differenze contributive e piano di riallineamento. Non si tratta solo di mettersi “in regola”, ma di costruire un futuro competitivo e trasparente. Nei settori più esposti — vigilanza e ICT — la sfida è urgente e strategica: chi resta indietro rischia commissariamenti e marginalizzazione, chi agisce subito diventa protagonista di un mercato più giusto e sostenibile.
Come sempre, la nostra bussola è chiara: “No mordi e fuggi, ma segui e servi.”