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Vigilanza privata e servizi fiduciari: perché il settore è nell’occhio del ciclone

1 Ott, 2025

Un settore strategico sotto pressione

La vigilanza privata e i servizi fiduciari rappresentano un comparto strategico per l’economia e la sicurezza del Paese. Con oltre 100.000 addetti impiegati in Italia, il settore garantisce attività essenziali che vanno dalla sorveglianza di infrastrutture critiche al presidio di centri commerciali, ospedali e trasporti. Eppure, nonostante questa centralità, la vigilanza è da anni uno dei comparti più fragili dal punto di vista contrattuale e retributivo. La competizione esasperata sugli appalti pubblici e privati, spesso al massimo ribasso, ha spinto molte aziende ad applicare contratti non confederali o ad utilizzare gli accordi di prossimità come leva per ridurre i salari. Il risultato è un quadro caratterizzato da griglie retributive distanti dai minimi fissati dall’INPS e da una precarietà diffusa che mina la dignità dei lavoratori e la competitività delle imprese.

Le criticità delle griglie retributive

Il CCNL Vigilanza e Servizi Fiduciari sottoscritto dalle organizzazioni maggiormente rappresentative prevede minimi tabellari che, pur ritenuti bassi dai sindacati, si collocano comunque in linea con i parametri legali. Il problema nasce con la proliferazione di contratti paralleli, firmati da sigle poco rappresentative, che fissano paghe base ben inferiori. In alcuni casi, la differenza può superare i 200–300 euro mensili rispetto al CCNL confederale. Questa forbice non è solo un’ingiustizia sociale: è anche una violazione del principio fissato dalla Cassazione (Ord. 19467/2025), che ha ribadito come i contributi debbano essere calcolati sui minimi dei contratti rappresentativi. La discrepanza tra busta paga e minimale INPS, fissato nel 2025 a 57,32 €/giorno, è il cuore del problema: ogni volta che la retribuzione effettiva scende sotto questa soglia, l’azienda si espone a sanzioni e recuperi contributivi.

La competizione negli appalti: il vero detonatore

Uno dei fattori che più alimentano la crisi del settore è il meccanismo degli appalti al massimo ribasso. Che si tratti di enti pubblici o di grandi committenti privati, la gara viene spesso vinta da chi presenta l’offerta più bassa, con conseguente compressione dei costi del lavoro. È qui che entrano in gioco i contratti pirata: applicandoli, le aziende riescono a presentare offerte con margini irrealistici, scaricando il peso sui lavoratori. Ma l’apparente vantaggio si trasforma in un boomerang. Con l’introduzione del minimale INPS 2025 e con l’orientamento della Cassazione, queste pratiche diventano insostenibili. Le imprese rischiano infatti di trovarsi vincolate ad appalti sottocosto e al tempo stesso obbligate a riallineare le retribuzioni ai minimi legali, con effetti devastanti sui bilanci.

Gli effetti sui lavoratori

Dietro le dinamiche concorrenziali si nascondono i volti dei lavoratori. Guardie giurate e addetti ai servizi fiduciari percepiscono spesso retribuzioni che, al netto, non superano i 1.000–1.100 euro al mese. Un importo che, alla luce del costo della vita, è insufficiente a garantire un’esistenza dignitosa, come richiesto dall’art. 36 della Costituzione. A questo si aggiungono turni notturni, straordinari non sempre pagati, indennità ridotte o assenti. Il risultato è un esercito di lavoratori essenziali per la sicurezza dei cittadini ma trattati come manodopera sacrificabile. La giurisprudenza più recente e l’azione ispettiva stanno riportando attenzione su questa contraddizione, trasformando la vigilanza privata in un caso emblematico di dumping salariale.

Le aziende tra commissariamenti e controlli

Negli ultimi anni non sono mancati episodi clamorosi: almeno due grandi gruppi nazionali del settore sono stati commissariati dai tribunali per gravi irregolarità nella gestione dei rapporti di lavoro e nell’applicazione dei contratti. Questi precedenti pesano come macigni sul comparto, perché dimostrano che la vigilanza privata non può più permettersi scorciatoie. Oggi, con l’incrocio dei dati CNEL e UNIEMENS, ogni scostamento dai minimi contrattuali diventa tracciabile. L’INPS e l’Ispettorato del lavoro hanno già intensificato i controlli, e le imprese che insistono nell’applicare contratti non confederali si ritrovano sotto i riflettori. La conseguenza è un aumento dei contenziosi e una perdita di affidabilità nei confronti dei clienti, pubblici e privati.

Scenari futuri: quale strada per il settore

Il futuro della vigilanza privata dipenderà dalla capacità delle imprese di trasformare la compliance in un fattore competitivo. Gli appalti dovranno progressivamente premiare non solo l’offerta economica, ma anche la qualità del lavoro e il rispetto delle regole. Le aziende che sceglieranno di riallinearsi ai CCNL rappresentativi potranno proporsi come partner affidabili per istituzioni e committenti, conquistando credibilità e stabilità. Chi, invece, continuerà a basare il proprio modello sul dumping rischia di essere escluso dal mercato e di finire travolto da ispezioni e sanzioni. È uno spartiacque che ridefinirà il settore: non più vigilanza a basso costo, ma sicurezza di qualità fondata sulla dignità del lavoro.

La bussola di CONFLOMBARDIA

Per accompagnare le imprese in questa transizione, CONFLOMBARDIA ha messo a punto l’Audit Minimi & CCNL, un percorso operativo che in pochi giorni consente di verificare buste paga, incrociare dati UNIEMENS, calcolare le differenze contributive e predisporre piani di riallineamento. Non si tratta solo di evitare sanzioni: si tratta di ridare dignità al lavoro e costruire un comparto credibile, capace di rispondere alle sfide della sicurezza con professionalità e trasparenza. La vigilanza privata non può più essere nell’occhio del ciclone: deve diventare un settore guida nella tutela dei diritti e nella qualità dei servizi. Perché, come sempre, la nostra bussola è chiara: “No mordi e fuggi, ma segui e servi.”

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