L’innovazione che non può fare a meno delle persone
Il settore ICT e il mondo dei data center rappresentano oggi la dorsale dell’economia digitale italiana. Dalla gestione dei big data al cloud, passando per l’intelligenza artificiale e la cybersecurity, questi comparti sono al centro della trasformazione delle imprese. La domanda di competenze cresce a ritmi sostenuti: secondo Anitec-Assinform, nel 2024 oltre 90.000 posizioni ICT sono rimaste scoperte per mancanza di candidati con skill adeguate. Eppure, proprio in questo settore cruciale, la contrattazione collettiva mostra le sue fragilità. Sempre più aziende applicano CCNL non confederali, caratterizzati da minimi salariali più bassi e da una scarsa capacità di trattenere talenti. Il paradosso è evidente: mentre l’Italia si batte per colmare il gap digitale, una parte consistente delle imprese che operano in ICT e data center fonda la propria competitività su retribuzioni deboli, minando le basi stesse dell’innovazione.
La proliferazione dei contratti paralleli
Secondo i dati CNEL, al 2024 risultano censiti oltre 1.000 contratti collettivi nazionali, ma poco più di 300 hanno una reale rappresentatività. Nel comparto ICT, a fianco dei grandi contratti confederali (Commercio, Metalmeccanici, Terziario), proliferano intese alternative che promettono maggiore “flessibilità” ma che in realtà fissano minimi tabellari inferiori di 200–400 euro rispetto ai CCNL leader. Questi contratti, spesso firmati da sigle poco rappresentative, vengono scelti da piccole e medie imprese che cercano di contenere i costi, ma anche da start-up innovative che, pur operando in settori di frontiera, basano i propri modelli di business su retribuzioni al ribasso. La recente ordinanza della Cassazione 19467/2025 ha tuttavia ristretto il campo: i contributi previdenziali devono essere calcolati sui minimi dei contratti rappresentativi, e nessun contratto parallelo può scendere sotto la soglia fissata dall’INPS (57,32 €/giorno).
Skill shortage e contratti deboli: un binomio pericoloso
La scelta di applicare contratti non confederali non è solo un problema di legittimità, ma anche di competitività. In un settore già segnato da una cronica carenza di competenze – con oltre 2 posti ICT vacanti ogni 10 disponibili – ridurre i salari significa rendere ancora più difficile attrarre e trattenere talenti. I giovani laureati in informatica, ingegneria o matematica scelgono spesso aziende straniere o multinazionali che offrono stipendi più alti e condizioni contrattuali più stabili. Le PMI italiane che applicano contratti deboli finiscono così per alimentare la fuga di cervelli e per compromettere la loro stessa capacità di crescere. In questo senso, i contratti non confederali non solo violano il principio di sufficienza retributiva sancito dall’art. 36 della Costituzione, ma minano il futuro dell’ecosistema digitale italiano.
Data center: un settore ad alto rischio dumping
Il tema diventa ancora più delicato quando si guarda al comparto dei data center, in forte espansione grazie ai piani di digitalizzazione e all’arrivo di grandi investitori internazionali. Qui la pressione sui costi è altissima, e molti operatori italiani hanno scelto di applicare contratti paralleli per restare competitivi. Ma i numeri parlano chiaro: se il personale tecnico specializzato percepisce salari al di sotto dei minimi INPS, i contributi vanno comunque ricalcolati sui valori di legge. Questo significa che l’“illusione del risparmio” si trasforma presto in un costo aggiuntivo, tra recuperi, sanzioni e perdita di affidabilità agli occhi degli investitori. In un settore che richiede standard di sicurezza elevatissimi, il rischio reputazionale diventa devastante: chi paga sotto-soglia non può ambire a posizionarsi come partner credibile nella gestione dei dati sensibili di istituzioni e imprese.
La giurisprudenza come argine
La Cassazione 19467/2025 e altre pronunce recenti hanno posto un argine a queste pratiche, ribadendo che la prossimità e la contrattazione aziendale non possono ridurre i minimi salariali. In ICT e data center, questo principio assume un valore strategico. Non si tratta solo di evitare contenziosi: si tratta di garantire al settore basi solide per affrontare le sfide del futuro. Una forza lavoro sotto-pagata è una forza lavoro instabile, poco motivata e incline a migrare verso altri mercati. Al contrario, la certezza dei minimi e la valorizzazione delle competenze diventano la chiave per ridurre lo skill shortage e consolidare l’ecosistema digitale. La giurisprudenza, in questo senso, non è un vincolo ma un alleato per chi vuole costruire innovazione duratura.
Scenari futuri: il bivio per le imprese
Le imprese ICT e i gestori di data center si trovano oggi davanti a un bivio: continuare sulla strada dei contratti deboli, rischiando di perdere talenti e credibilità, oppure riallinearsi ai CCNL rappresentativi e trasformare la compliance in leva di attrazione. Nei prossimi anni, la scelta sarà inevitabile. I grandi committenti, pubblici e privati, stanno già introducendo criteri di selezione basati sulla trasparenza contrattuale e sul rispetto dei minimi INPS. Chi non si adegua rischia di essere escluso da filiere strategiche, mentre chi compie il salto può consolidare la propria posizione e diventare protagonista della transizione digitale italiana. È uno scenario che richiede coraggio e lungimiranza, ma che offre anche grandi opportunità a chi saprà coglierle.
La proposta di CONFLOMBARDIA
In questo contesto, CONFLOMBARDIA mette a disposizione delle imprese l’Audit Minimi & CCNL, uno strumento concreto per verificare le buste paga, controllare i flussi UNIEMENS e riallineare i contratti applicati ai parametri legali. Non si tratta solo di evitare multe o commissariamenti: si tratta di garantire stabilità, attrarre talenti e costruire un ecosistema digitale competitivo. ICT e data center sono il futuro del Paese, ma senza una contrattazione solida rischiano di diventare la loro fragilità. Per questo la nostra missione è chiara: accompagnare le imprese verso un modello di crescita etico e sostenibile, dove innovazione e dignità del lavoro camminano insieme. Perché, come sempre, la bussola è una sola: “No mordi e fuggi, ma segui e servi.”